Dopo questo anno di pandemia da Covid-19 è noto ormai a tutti che le piccolissime goccioline emesse dal cavo orale ospitano e trasmettono particelle di coronavirus (e non solo). Ciò che non sempre è stato spiegato in modo chiaro, è che le goccioline emesse con un colpo di tosse, uno starnuto o parlando, sono in realtà di due tipi: quelle più grandi e pesanti dette droplet e quelle più leggere e volatili che compongono l’aerosol.
Dopo una fase iniziale in cui tutta l’attenzione è stata rivolta al droplet, lo studio del virus e del suo viaggio da una persona all’altra ha svelato la forte carica contagiosa della seconda componente emessa dal cavo orale: l’aerosol, il quale essendo più leggero viene emesso anche semplicemente parlando.
All’interno della nuvola di aerosol medicale, l’atmosfera umida e calda consente alle goccioline di resistere all’evaporazione per molto più tempo di quanto non faccia il droplet, questo significa che l’aerosol rimane attivo nell’aria per un tempo ancora imprecisato che può andare da una frazione di secondo a diversi minuti.
È vero che l’efficacia del contagio dipende anche dalla concentrazione di particelle di coronavirus nell’aerosol medicale, ma in ambiti ospedalieri dove medici, infermieri e altri professionisti lavorano continuamente a stretto contatto con pazienti contagiosi, l’esposizione diventa un serio rischio per gli operatori stessi.
Le differenze nel proteggersi da aerosol e droplet
Partiamo dal presupposto che i dispositivi di protezione personale (come le mascherine, le visiere o le tute) sono in grado di proteggerci dalle goccioline di ogni dimensione. Le differenze principali tra aerosol e droplet stanno nella loro carica virale e nella persistenza di questa in termini di tempo.
Il droplet, con le sue goccioline più grandi, ha anche un peso maggiore, per questo solitamente si ferma entro un raggio 2 metri dalla persona che lo emette e tende a cadere verso il basso per posarsi sulle superfici, dove permane fino all’esaurimento della carica virale.
Al contrario, l’aerosol e le sue goccioline volatili, compongono una nube che tende ad espandersi in tutte le direzioni finché non incontra un ostacolo sul quale fermarsi (parete, soffitto, superfici varie). Ma dato il peso minore delle goccioline, è anche minore la velocità con cui queste raggiungeranno il punto d’appoggio, nel frattempo resteranno quindi nell’aria dell’ambiente in questione ed è proprio allora che chiunque entri in quella stanza rischia di inalarle e contrarre il virus.
Per questo l’unica soluzione per evitare che il virus rimanga disperso nell’aria è l’aspirazione dell’aerosol medicale alla fonte, ovvero nell’area di emssione del paziente. Da questo principio nascono i dispositivi AirSafe®, messi a punto durante la prima fase della pandemia proprio per aiutare a gestire la diffusione del contagio negli ambiti medicale e ospedaliero.
La differenza tra questa tecnica e la comune purificazione ambientale sta proprio nella tempestività dell’azione: i depuratori ripuliscono l’aria contenuta in una stanza una volta che questa è già stata contaminata, gli aspiratori di aerosol medicale AirSafe® prevengono la contaminazione ambientale “catturando” l’emissione pericolosa alla fonte e filtrandola con livello HEPA H14 prima di reimmetterla dell’ambiente di lavoro.
Solo in questo modo avremo ridotto drasticamente il rischio contagio per personale sanitario, pazienti ed operatori.
I nostri tecnici sono a disposizione per maggiori informazioni : info@medicalairsafe.com
Fonti:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7293495/
https://abcnews.go.com/Health/aerosol-airborne-droplets-amid-covid-19/story?id=73250018
https://www.repubblica.it/salute/2020/04/07/news/covid_19_il_virus_viaggia_nell_areosol-266681056/